2 ottobre 2009

Lo sciopero dei metalmeccanici

Venerdì 9 ottobre è stato proclamato,da parte della Fiom, uno sciopero, l’intera giornata, di tutto il settore metalmeccanico per il rinnovo del contratto nazionale.
sciopero
Lunedì rientrerò in fabbrica dopo due settimane di cassa (e metà stipendio) che poi sono mediamente il periodo di riposo forzato che ogni mese l’ azienda per cui lavoro mi “concede” da circa 7 mesi.
Lo devo fare lo sciopero?
A questa domanda i vecchi e più saggi sindacalisti, in passato, avevano l’abitudine di rispondere: “di fronte ad un cartello di sciopero anche non condiviso, prima lo fai e solo dopo lo potrai contestare”. Si doveva sempre e comunque salvaguardare lo strumento dello sciopero, unica arma realmente efficace in mano ai lavoratori.
Il contesto era ovviamente un altro, esisteva un rapporto stretto tra il sindacato ed il lavoratore, una dialettica continua e spesso anche molto vivace, una concreta capacità del sindacato di presidiare il suo territorio: la fabbrica. Di essere vicino agli operai, di conoscere e dare ascolto ai loro bisogni, dare risposte e formare anche politicamente la cosidetta coscienza di classe.

E questo era più vero ancora nei territori altamente industrializzati e sindacalizzati come Brescia.
Oggi non è più così. Le ragioni sono tante a cominciare da una costante deriva culturale dei lavoratori, che non hanno più un idea di appartenenza, una visione collettiva della loro condizione, dei valori etici e morali condivisi, l’orgoglio e la dignità nel rivendicare un ruolo importante nella società.
Non hanno più, per contro, neanche una seria rappresentanza che ci provi a ricostruire il movimento operaio.
Rimane però ancora una capacità di reagire di fronte a macroscopici tentativi di annullare completamente la storia operaia, i sacrosanti diritti conquistati con le lotte, la paura di perdere anche l’ultimo piccolo salvagente (quel che resta del sindacato, del contratto nazionale, dello statuto dei lavoratori)  di fronte all’arroganza dei padroni, dei governi e aimè di qualche sindacato moderno.
Giacchè oggi, purtroppo, come nel 2002-2003, la posta in gioco è la più alta: la condizione futura del lavoro dipendente, che deve diventare completamente subalterno alle scelte dell’impresa, dove i diritti non hanno più cittadinanza e le persone sono solo una variabile insignificante.
La Fiom prima e la Cgil poi ci provano, come nel 2002. Provano a far prevalere l’idea storica del Sindacato, la ragione per cui agli inizi del ‘900 si è costituito: essere una presenza costante nei luoghi di lavoro a difesa della parte debole, i lavoratori.
Per queste ragioni la risposta alla domanda “lo devo fare lo sciopero” non può che essere “sì, è necessario”.
All’inizio di questa trattativa sul CCNL ho sollevato dubbi sull’opportunità di avviare, in questa fase, una conflittualità di queste dimensioni senza averla per tempo preparata con la base. Soprattutto, come operaio, ho lo pretesa che un sindacato che rivendica il suo storico ruolo nella fabbrica e che giustamente mi chiama in causa nel momento in cui rischia di perderlo, deve essere un sindacato presente, visibile ed operativo tutti i giorni nei luoghi di lavoro.
Spero che una positiva conclusione di questa vicenda possa anche ridare slancio a tutta l’attività del sindacato.   


le ragioni dello sciopero

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